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sabato 18 dicembre 2010
Prossimo appuntamento in sezione mercoledì 22 dalle 17e30
Lettera dei consiglieri municipali del 17 Municipio
Cari Cittadini,
torniamo a scrivervi una lettera unitaria, perché per l'ennesima volta siamo di fronte ad uno scempio compiuto dalla Giunta del Comune di Roma.
Come sapete, la battaglia che ci ha visto più spesso unire le nostre forze nell'aula del Consiglio Municipale così come nelle strade e nelle piazze del nostro territorio è quella per la restituzione degli spazi pubblici alla cittadinanza.
Non dobbiamo certo spiegarvi quale sia l'urgente necessità di nuovi spazi da destinare agli asili nido, servizio quanto mai necessario in un municipio di 78.000 abitanti che ogni giorno ospita fino a 500.000 lavoratori tra abituali e saltuari, molti di voi hanno seguito la nostra battaglia per dare una biblioteca ai nostri ragazzi, che oggi sono costretti a riversarsi nelle biblioteche del I, del II e del XVIII municipio, sapete bene, infine, quanto potrebbe essere efficace l'istituzione di uno spazio interamente dedicato ai nostri giovani - che oggi trovano aggregazione solo in luoghi poco accoglienti e mal frequentati - nel quale dare avvio a processi educativi e formativi finalizzati allo sviluppo del senso di appartenenza alla propria comunità.
E' per questo motivo che vi invitiamo ad aderire in massa alla manifestazione per liberare immediatamente gli spazi di via Sabotino, ultimo scandalo dell'era Alemanno.
E' per questo motivo che vi invitiamo ad aderire in massa alla manifestazione per liberare immediatamente gli spazi di via Sabotino, ultimo scandalo dell'era Alemanno.
Con Ordinanza del Sindaco n. 46 del 6.8.2009 gli spazi che una volta erano occupati dalla sede del XX Municipio sono stati affidati ad Assoforum, un'associazione "contenitore" di associazioni il cui presidente è Potito Salatto, europarlamentare del PdL sostenuto proprio dal Sindaco alle scorse Elezioni Europee che in quei locali ha istituito la sua sede, come si può evincere dal suo biglietto da visita.
Nel corso di alcuni sopralluoghi informali svolti da consiglieri municipali e da alcuni cittadini è stato trovato un vero e proprio deposito di materiale elettorale del Pdl, a dimostrazione del fatto che uno spazio di proprietà pubblica di centinaia di metri quadrati è utilizzato come sede di un comitato elettorale e politico.
Altri spazi dello stesso stabile sono stati ceduti con successive ordinanze, a diverse associazioni che, pur con nobili scopi, risultano assegnatarie senza alcuna condivisione con la cittadinanza e con i suoi rappresentanti.
Per tutti questi motivi, vi chiediamo di unirvi a noi in questa importante battaglia per restituire gli spazi usurpati ai cittadini del municipio.
VI ASPETTIAMO SABATO 18 DICEMBRE ALLE 10.30 A VIA SABOTINO, DAVANTI ALL'INGRESSO DEL MERCATO!
i Consiglieri del Municipio Roma XVII di:
Sinistra Ecologia e Libertà - Alleanza per l'Italia - Partito Democratico - Italia dei Valori - Unione di Centro
Altri spazi dello stesso stabile sono stati ceduti con successive ordinanze, a diverse associazioni che, pur con nobili scopi, risultano assegnatarie senza alcuna condivisione con la cittadinanza e con i suoi rappresentanti.
Per tutti questi motivi, vi chiediamo di unirvi a noi in questa importante battaglia per restituire gli spazi usurpati ai cittadini del municipio.
VI ASPETTIAMO SABATO 18 DICEMBRE ALLE 10.30 A VIA SABOTINO, DAVANTI ALL'INGRESSO DEL MERCATO!
i Consiglieri del Municipio Roma XVII di:
Sinistra Ecologia e Libertà - Alleanza per l'Italia - Partito Democratico - Italia dei Valori - Unione di Centro
venerdì 17 dicembre 2010
SCANDALO A VIA SABOTINO!
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martedì 14 dicembre 2010
lunedì 13 dicembre 2010
sabato 11 dicembre 2010
Eletti i coordinatori di SEL del Lazio e della provincia di Roma
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venerdì 10 dicembre 2010
Ambiente e poteri forti nella città
di Paolo Berdini
Alberto Asor Rosa nel delineare i caratteri di un nuovo ambientalismo (manifesto del 17.11) sottolinea «il conflitto inesauribile e insanabile con i poteri forti dell'economia, della speculazione e dello sfruttamento». Concordo, e la sua analisi permette di ridare spessore all'elaborazione della sinistra. Provo ad articolare il ragionamento nel campo delle città e del territorio, dove si possono misurare quattro novità che hanno mutato i contorni del conflitto e impongono dunque di mutare strategia.
Innanzitutto la lacerazione dello storico "patto" tra cittadini e forze economiche dominanti . Lo sviluppo delle città era affidato ai piani regolatori e la tutela dell'ambiente ai vincoli previsti dalle prerogative costituzionali dell'Articolo 9. Nonostante scempi e violazioni, c'era comunque un sistema di regole che garantiva un quadro di legittimità. Il neoliberismo ha sostituito ogni regola con gli "accordi di programma" che mutano caso per caso il disegno delle città e azzerano i vincoli paesaggistici. La proprietà fondiaria, un ristrettissimo numero di persone, edifica dove e come vuole.
La seconda novità riguarda il carattere teoricamente infinito dell'offerta di nuove costruzioni. Si continua a ricoprire di cemento l'Italia perché "c'è mercato". Uno dei pilastri dell'economia liberale classica sono le regole del gioco e nell'Europa civile le nuove costruzioni vengono programmate salvaguardando gli interessi pubblici. Non ci sono altrimenti dubbi che se si costruisse sulle colline ancora integre della Toscana, in ogni valle alpina o sulle coste ancora scampate dal cemento, si troverebbero potenziali acquirenti nei 50 milioni di ricchi russi, nei 200 milioni di nuovi ricchi cinesi. Poi verranno gli indiani e i brasiliani.
Non c'è chi non comprenda il baratro che si è aperto nell'aver supinamente accettato la favola del "mercato": rischiamo la cementificazione del paese e non serve a fermarla neppure la tragica serie di alluvioni e frane. Oltre all'insipienza culturale dei gruppi dirigenti della sinistra, si dovrà mettere a fuoco l'intreccio perverso tra i proprietari delle aree da urbanizzare, le grandi banche e l'informazione (Messaggero, Mattino, Corriere della sera, Tempo, Gazzetta di Parma e un'infinità di giornali locali).
La terza novità è una diretta conseguenza della sinergia tra le due precedenti. Se non ci sono più regole e se non esiste più un limite all'ipertrofia urbana, si sta creando un corto circuito economico che porterà al collasso il tessuto produttivo del paese. La speculazione fondiaria ha davanti una comoda autostrada per rendere edificabili i terreni agricoli. Vengono comprati a 10 - 15 euro al metro quadrato e non appena l'accordo di programma li rende edificabili raggiungono il valore di almeno 200 euro. Con dieci ettari di terreno che cambia destinazione, la speculazione si mette in tasca 20 milioni di euro senza nessun beneficio per la collettività perché non si crea neppure un posto di lavoro. Il lavoro, la ricchezza per le città e per tanti lavoratori si crea costruendo. In Europa obbligano a farlo su terreni già edificati, dove i valori immobiliari sono elevati e chi costruisce guadagna soltanto sulle sue capacità imprenditoriali. Chi mai investirà nel difficile mestiere dell'imprenditore o dell'artigiano se stando comodamente seduti può mettersi in tasca una fortuna?
E veniamo infine all'ultima tragica novità italiana. I comuni non hanno più risorse per realizzare servizi sociali, parchi, trasporti scuole. Per tenere in piedi i bilanci, i comuni e le loro società strumentali hanno fatto ricorso all'indebitamento sottoscrivendo quei titoli spazzatura che hanno portato al tracollo l'economia occidentale. Roma ne ha sottoscritti per oltre un miliardo di euro. Milano un'altra valanga, e così via. Afferma Loretta Napoleoni che le pubbliche amministrazioni «invece di cercare di risparmiare, sono andate dalle banche d'affari. La banca dice: tu devi pagare queste fatture per i prossimi due anni? Bene: me le compro io, ti do subito i soldi, e intanto emetto obbligazioni che poi vendo in borsa».
Per tenere in piedi i bilanci, poi, tutti i sindaci, di qualsiasi colore politico, affermano che l'unico modo è quello di moltiplicare all'infinito nuove costruzioni. Ma se non ci sono più soldi sarebbe interesse di tutti bloccare l'espansione senza fine che ha interessato le città italiane nell'ultimi sedici anni. Come si può pensare di costruire nuovi quartieri quando non si hanno neppure i soldi per costruire l'illuminazione pubblica e quando ci sono infinite aree produttive dismesse e case vuote? Se questa è la diagnosi, non bastano vecchie ricette. Occorre cambiare gioco e provo ad elencare le mosse che dovremmo mettere in campo al più presto.
Primo. Occorre bloccare per legge ogni espansione urbana, vincolando i comuni a ricollocarle all'interno delle aree già edificate e in stato di abbandono. Il settore delle costruzioni è un pilastro dell'economia dei paesi europei, ma per aprire una fase virtuosa anche in Italia occorre rompere per sempre il circuito infernale della rendita assoluta. Questa legge potrebbe partire dal basso, seguendo la proposta di Guido Viale, raccogliendo firme in ogni angolo dell'Italia violentata dal cemento e contrastata dai mille comitati spontanei. Secondo. Concludere per sempre la criminale stagione degli accordi di programma: basta un semplice articolo. Strillerà (molto) il manipolo di speculatori che nel periodo del trionfo berlusconiano hanno conquistato le città e distrutto l'ambiente. Terzo. Occorre restituire ai comuni - in un quadro di rigoroso controllo della spesa- i soldi tagliati per metterli in grado di governare le città. Non so se questa proposta sia collocabile nel comoda casella "dell'estremismo": lascio questo inutile esercizio alla fallimentare politica di questi anni, utilizzata ancora di recente dopo la splendida vittoria di Pisapia nelle primarie di Milano. So soltanto che è l'unica ricetta per ristabilire un futuro al nostro paese: ridare voce al popolo derubato in questi anni dei beni comuni per eccellenza, le città e l'ambiente.
RICORDO
Aldo Natoli, un comunista per amico
di Rossana Rossanda
È sulla fine degli anni cinquanta che ho conosciuto Aldo Natoli. Lui era Roma, io Milano, lui il quadro più rilevante di quella federazione, io un quadretto della federazione milanese, lui all'ultimo processo del regime nel 1936, quando io ero ancora al ginnasio, lui deputato e consigliere comunale in Campidoglio che aveva assestato, assieme agli ex azionisti romani, il primo duro colpo alla speculazione con il famoso «Capitale corrotta, nazione infetta», io che facevo il mio apprendistato a Palazzo Marino, lui da tempo, forse da sempre, nel Comitato centrale del Pci ed io appena entrata. Là ci eravamo, se si può dir così, «annusati», a qualche anno dal 1956, rientrata ogni speranza in un cambiamento dell'Urss, ma il nostro partito in crescita e in eccitazione. L'accento comune, che aveva permesso di ascoltarci e riconoscerci era: più avanti, più a sinistra - una sinistra che non aveva niente a che vedere con lo stalinismo che, una volta per sempre e senza dovercene mai pentire, avevamo capito essere di destra.
Aldo era un bellissimo uomo, agile ed elegante, di quelli che vestono sempre perfettamente e allo stesso modo sia che entrino alla Camera o in una sezione della Garbatella, era un medico ma faceva il militante comunista a tempo pieno, parlava tedesco e aveva in alcuni eminenti scienziati antifascisti tedeschi uno dei riferimenti del cuore, suo fratello era il francesista Glauco Natoli. Fui dunque lusingata quando mi invitò, un giorno del Cc, a colazione. Ricordo una giornata di sole, una caffetteria in via Veneto, l'immediato intendersi nel giudizio, in quel che ci premeva e avremmo voluto. Al momento di pagare, l'inappuntabile gentiluomo cerca inutilmente il portafoglio, l'aveva lasciato in un'altra giacca e il suo, per me assai meridionale, imbarazzo, ci mise in allegria. Eravamo diventati amici e lo siamo rimasti sempre.
Compagni e amici. Nella stupidità attuale neppure si immagina che cosa è stato il legame fra comunisti allora, un rapporto totale e riservato, un vedersi camminare assieme, inciampare e raddrizzarsi assieme, sorridersi da lontano. Non credo di aver messo piede in casa sua, né lui nelle mie due stanze a Roma, quando le ebbi. Una volta mi mostrò un disegno di Bruna, e così venni sapere che aveva anche una figlia. Senza di lui sapevo di Claudio. Oggi so che pensare della distinzione fra pubblico e privato, ma so anche che allora ci fu un modo di essere pubblico che non poteva essere più interiore e interiormente condiviso.
Una differenza c'era fra noi sul rispettivo polo di interesse: Natoli era una figura carismatica per il popolo di Roma, lo ascoltavano dovunque, conosceva tutti, sapeva parlare allo stesso modo, senza fronzoli né lunghezze, in piazza e in Parlamento, ma la sua testa non stava a Roma, scrutava nelle vicende del comunismo internazionale. Io ero stata tutta dentro Milano, nella vicenda d'una classe operaia che il partito elogiava ma non prediligeva, mi volevano abbastanza bene ma carisma zero, la testa interamente in Italia sul presente.
Aldo aveva sentito la sfuriata di Togliatti su Amendola quando questi, per la prima e ultima volta nella sua vita, aveva definito un peso il rapporto con l'Urss. Io pensavo alla Breda e ai pendolari dalle cinque alle otto verso l'entroterra milanese. Ci pareva, e tutto sommato era, lo stesso identico problema.
Nel '58, credo, Togliatti ribaltò la molto ortodossa redazione di Rinascita, sua rivista personale, immettendovi dei bizzarri come Natoli, Trentin, altri giovani e me. In quella riunione mensile, cui non mancava mai, si discorreva con libertà - per libertà intendevamo allora, ma è insolito oggi, suonare ognuno sullo stesso filo musicale, che tutti interpretavamo e nessuno avrebbe spezzato (forse come nel jazz dei tempi gloriosi). Nei momenti migliori degli anni Sessanta fu così, dopo la morte di Togliatti la sfida divenne conflitto. Io dirigevo gli intellettuali, nel senso che mettevo fine alle direttive care ai Sereni e agli Alicata, Ingrao e Reichlin aprivano un pericoloso dibattito sul centrosinistra imminente, i colpi che ci menavamo non erano leggeri.
Nel 1966 cademmo tutti, Ingrao con onore, Natoli confermato come figura nobile ma periferica, Pintor fuori da l'Unità, Castellina fuori dai giovani, Magri fuori dal lavoro di massa, io fuori del tutto da qualsiasi incarico. Gli ingraiani furono definiti dall'occhiuta direzione del Pci prima che da se stessi. Nel 1968, studenti e invasione della Cecoslovacchia ci trovano tutti dalla stessa parte. Al XII Congresso votammo tutti, nelle rispettive istanze, contro le tesi della direzione. Natoli, Pintor ed io fummo, per così dire, distillati fra coloro che restavano ancora nel Cc, pochi ma rispettati, rispettati ma pochi. E là ci infilarono come farfalle gli obiettivi dei fotografi ammessi a riprendere i tre che il Cc radiava. Per aver fatto e mantenuto fermo il manifesto rivista. A Aldo Natoli, che parlò per ultimo dopo tre lunghi dibattiti, non fu perdonato che dicesse: non occorre una tessera per essere comunisti.
Del manifesto abbiamo parlato altre volte. A guardar bene, si era coagulato in tutti gli anni Sessanta. Il mensile che decidemmo di fare, andando ogni giorno in piazza del Grillo, fu un bel lavoro. Il suo successo fu strepitoso. Aldo, che era tornato dal Vietnam e vi aveva molti compagni, scrisse soprattutto sul comunismo internazionale e avrebbe fatto, assieme a Lisa Foa, tre pezzi sulla Cina di Mao che, a mia conoscenza, sono rimasti senza uguali in Italia. Non fu entusiasta quando si passò al quotidiano, opera soprattutto di Pintor, ma vi lavorò come sempre, assieme a Lisa Foa, Luca Trevisani e me e con successo. Su due questioni puntò i piedi, sull'andare con la nostra lista alle elezioni nel 1972 e sul diventare presto un partito. Ero dello stesso avviso, ma più accomodante di lui. Lui era più anziano, più provato, più scettico sui tempi e forse sul fine. Fece la campagna elettorale ma non andò oltre. Oggi, con gli occhi del femminismo che allora non conoscevo, penso che i tre uomini, Magri, Pintor e Natoli avevano idee più simili di quanto permettessero i loro caratteri. Sono le donne che fanno precedere al carattere le idee. Nessuno fece clamore, quando prese le sue decisioni, non ci fu un giorno in cui si consumarono adesioni e rotture. Aldo restò un amico ma sempre più appartato, con un suo giudizio ben fermo, che noi più giovani non volevamo ammettere: il comunismo avrebbe richiesto tempi più lunghi. Non so se immaginasse con quanta disinvoltura i cugini di Amendola e i figli di Berlinguer avrebbero fatto a pezzi il partito dei comunisti.
Studiava e scriveva. All'Istituto Gramsci scoprì il carteggio, intonso, fra Antonio Gramsci e Tatiana Schucht, la compagna russa cui alcuni, forse l'esecutivo dell'Ic, affidò la cura del prigioniero ormai nel carcere di Turi. Tatiana era sorella di Julia, sposata da Gramsci a Mosca, e dunque aveva diritto di visita a nome della famiglia. Gli sarebbe rimasta accanto per oltre dieci anni, andando a Turi appena ne aveva il permesso, portandogli libri e le povere cose di cui aveva bisogno, fino alla semilibertà in una clinica di Formia e poi, sempre più ammalato, nella clinica Quisiana di Roma, dove si sarebbe spento nel 1937.
Di Tatiana, che chiama Antigone in uno dei suoi libri, Aldo quasi si innamorò, tanto era lei stessa innamorata di Antonio, senza dirglielo né dirselo, ricevendo tutte le sue angosce e qualche volta le sue ire, devota alla sorella e alla sua curiosa famiglia, e insieme più fiduciosa nel Pcus che nel Pc d'Italia. Non scrisse che cosa pensava dei sospetti di Antonio su una lettera, che gli parve incongrua, di Grieco né dell'isolamento in cui lo lasciarono i compagni di galera quando criticò la linea del «muro contro muro» dell'Ic. Gramsci non capiva perché Togliatti non facesse il massimo per ottenere la sua liberazione. Con uno scambio? Per mezzo del Vaticano? Stava sempre peggio, della sua sofferenza e amarezza Tatiana fu indolenzita testimone, alla fine convinta di una sorta di persecuzione degli italiani di Mosca, infuriata perfino con Piero Sraffa, accorso per parlare con Gramsci prima della fine. Che cosa si dissero non sappiamo. Certo Antonio dovette scoprire molte verità. Non era davvero libero, era stato condannato non solo dai fascisti, come aveva già scritto, non sarebbe andato né a Mosca né nei pressi di Ghilarza. Pochi giorni dopo morì. Tatiana raccolse le sue cose, mise in salvo i quaderni, lo fece incenerire e seppellire in un funerale senza seguito, tornò nell'Urss e vi morì durante la guerra.
Di questo carico di dolore nessuno ha scritto come Aldo Natoli - anni prima, forse, e anche lui non amato dal Pci, Peppino Fiori. Neanche i gramsciani, mi sembra, hanno adorato questo outsider, precisissimo ma non nella cerchia degli addetti ai lavori, che nel destino di Gramsci scrutava le pieghe terribili del comunismo degli anni Trenta, all'epoca di Stalin su cui avrebbe scritto un altro bel libro. Su Togliatti, Aldo non ebbe mai uno sguardo men che severo.
Non so se ne abbia scritto e se lo troveremo nelle sue carte. Dopo la morte di Mirella, la moglie, da alcuni anni non stava più bene. Non avrebbe cambiato la sua vita per un'altra, ma le solitudini del secolo le ha conosciute tutte. Sotto il fascismo quella del carcere, poi l'impegno della resistenza e il breve entusiamo della rinascita, presto la durezza della guerra fredda nella Roma papalina ma colorata di rosso, le asperità degli scontri nel partito, altra solitudine nel 1956, altra speranza nei Sessanta, poi l'esclusione dal partito, nuova speranza e nuove difficoltà nel manifesto e, dopo, il ritiro. Solitudini mai esibite, sempre nella sua eleganza e riserbo. Non credo che abbia mai chiesto aiuto, né gli è stato dato, né l'avrebbe tollerato. Era un comunista, stirpe di signori nel Novecento. La terra gli sarà lieve.
giovedì 9 dicembre 2010
Domenica 12 dicembre - ore 11:00
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Venerdì 10 Dicembre ore 18,00
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giovedì 25 novembre 2010
SEL del 17 municipio di Roma aderisce alla manifestazione della CGIL
Sabato mattina a Roma, Sinistra Ecologia Libertà sarà presente alla grande manifestazione indetta dalla CGIL per sostenere le lotte dei lavoratori e dei pensionati, e per guardare al futuro dei giovani.
Sabato andremo a manifestare a Roma insieme alla CGIL per chiedere più ‘diritti e più democrazia’, per rimettere al centro il lavoro, la contrattazione, per rivendicare sviluppo, equità e giustizia sociale e per imporre scelte che facciano uscire il Paese dalla crisi. Una crisi che per milioni di lavoratori si fa sempre più insostenibile. Il Governo nei due anni trascorsi della crisi economica, non si è preoccupato né dell’emergenza occupazionale, né del rilancio del sistema produttivo, l’unica azione avanzata è stato il sistematico attacco ai diritti del lavoro.
L’appuntamento è alle 9:15 in Piazza della Repubblica davanti alla Basilica di S.Maria degli Angeli.
Saranno distribuite le bandiere di SEL e ci sarà un nostro striscione.
Partecipiamo numerosi, portiamo l’Italia migliore in piazza!
Sinistra Ecologia Libertà
mercoledì 24 novembre 2010
CHI MINACCIA I CONSULTORI NEL LAZIO?
Da quando i consultori pubblici sono stati istituiti nel 1975 le donne hanno potuto trovarvi sostegno e consiglio in materia di:
- maternità consapevole e responsabile;
- contraccezione e interruzione di gravidanza;
- prevenzione oncologica e di malattie sessualmente trasmissibili;
- problematiche della menopausa;
- consulenza psicologica.
Ma ora questi spazi di libertà, dopo anni di tagli alle risorse, alle sedi e al personale, rischiano di perdere definitivamente la loro identità diventando altro.
La proposta di Legge Regionale Tarzia (PDL) per la “ riforma e la riqualificazione dei consultori familiari” non considera più la donna nella sua individualità per privilegiare “la famiglia fondata sul matrimonio”. Trasforma il consultorio da struttura sociosanitaria in un ente con fini morali volto esclusivamente al “sostegno del compito generativo ed educativo della famiglia”.
In tal modo viene cancellata la libertà di autodeterminazione della donna e si invadono le sfere personali e delle scelte familiari nonchè le competenze di altri organismi pubblici che si occupano di educazione, sanità, assistenza sociale e giustizia.
Se vuoi anche tu difendere il CONSULTORIO, vieni con noi alla manifestazione del 25 novembre alle ore 10 davanti la Regione Lazio in via Rasa Raimondi Garibaldi!
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